Posti terapia intensiva, tra denunce e inchieste
Resta alta l’attenzione sui cosiddetti posti letto di terapia intensiva. Oggi, proprio a seguito dei numeri che sono stati ballerini sulla questione, a partire dal Molise che ha portato , anche, a una specifica denuncia e, ora, oggetto di indagine, illuminante è la lettera inviata ai presidenti delle Regioni dall’associazione anestetisti nazionale che ricorda come i posti letto di Rianimazione da considerare per ciascuna Regione, ai fini delle valutazioni che competono ai decisori politici e amministrativi del Servizio sanitario, sono soltanto quelli “attivati”, mai dimenticando che la moltiplicazione oltre i livelli attuali dei posti letto di Rianimazione non è mai stata la soluzione per contrastare la Pandemia Covid”. Un concetto, questo, che ha visto un uso distorto proprio in Molise costringendo i pazienti cronici a non potersi curare. E nemmeno a farlo apposta sullo speciale di Repubblica si sottolinea non pochi pazienti che hanno avuto in sorte di contrarre malattie gravi, potenzialmente letali e invalidanti come e più del Covid, alla vigilia o nel corso di questo anno e mezzo di pandemia non si sono potuti curare. Malati che non hanno avuto più reparti ospedalieri in cui ricoverarsi o che hanno visto diradarsi, fino a scomparire, visite specialistiche ed esami che, per dire, avrebbero potuto diagnosticare tumori prima che la loro metastasi li rendesse non più aggredibili. O che avrebbero anche soltanto impedito che si cronicizzasse un male non ancora tale. I dati dell’Agenzia sanitaria sul Molise, in tal senso, sono drammatici e parlano della metà dei pazienti cronici che non si sono potuti curare o hanno avuto timore a recarsi in ospedale. E, oggi, il quadro è ancora più drammaticamente chiaro.