Per l’ Istat, il Molise sprofonda nel silenzio della politica
Meno 12mila posti di lavoro, altri 4mila molisani in meno nel solo 2020 rispetto all’anno precedente, 40mila in meno nell’ultimo decennio.
Impietose cifre poste in agenda dall’Istat ma che la politica regionale non si è nemmeno degnata di annotare per aprire un cantiere di discussione di profondo confronto preferendo vivere nel grigiore della logica del piccolo potere, dei piccoli interessi, delle piccole rendite di posizione.
Oggi, al contrario, occorrerebbe la forza di immaginare un nuovo Molise, con una nuova ossatura istituzionale.
Il dramma è che ci troviamo dinanzi ad una politica di bassissimo profilo e con l’unico desiderio: che tutto rimanga uguale, che tutto rimanga immobile, che tutto si conservi in eterno.
Avvocati di se stessi che proteggono uno stipendio, o una macchina con autista.
A chi importa che viene cancellata l’identità di un popolo?
Eppure, proprio gli impietosi dati dell’Istat, dovrebbero far prendere atto che una fase storica si è conclusa e che diventa necessario attrezzarci per tempo al fine di dare vita ad una nuova, più difficile ed esaltante fase: quella della seconda autonomia.
Una sfida importante per il Molise e per tutti i molisani, al di la delle appartenenze e di quant’altro se non si vuole tornare ad essere la costola di qualche altra regione o, peggio, doverci sistematicamente presentarci col cappello in mano e le pezze al sedere.
Ma non è tempo di Azzeccagarbugli.
È tempo di politica capace di indicare la strada per la speranza ancora di un domani.