IL TRIBUNALE DA’ RAGIONE ALLA DIRIGENTE REGIONALE

L’allora Dirigente del Servizio Avvocatura Regionale del Molise, a seguito di due istanze di accesso agli atti a luglio e agosto 2019 da parte di un consigliere regionale -aventi ad oggetto gli estratti conto delle carte di credito in uso ai dipendenti e agli amministratori regionali e le transazioni commerciali di tutte le carte di credito distribuite al Presidente della Regione, agli assessori e ai dirigenti regionali per le spese di rappresentanza- forniva un parere favorevole alla consegna al dirigente del Servizio Risorse Finanziarie, Bilancio e Ragioneria Generale, che informava il Presidente della Giunta Regionale della vicenda. Il Presidente, anziché dare corso alla richiesta di consegna dei documenti, prendeva tempo, richiedendo, a sua volta, un parere sulla medesima questione all’Avvocatura Distrettuale di Stato. Il consigliere regionale, visto l’atteggiamento ostruzionistico e poco chiaro del Presidente, chiedeva di avere anche la copia della richiesta di parere avanzata all’Avvocatura Distrettuale e la copia del parere favorevole già reso dall’ Avvocatura Regionale, che veniva a lui legittimamente e tempestivamente inoltrato dalla Dirigente regionale. A questo punto, il Presidente della Regione, chiede e ottiene, dal Direttore del Servizio Risorse Umane , l’avvio del procedimento disciplinare nei confronti della Dirigente, sull’erroneo presupposto che quest’ultima avrebbe consentito l’accesso agli atti senza la sua preventiva “autorizzazione” autodefinendosi il “committente” dell’azione dirigenziale. La commissione di disciplina, nella persona dello stesso Direttore del Servzio Risorse Umane, quello per intenderci che si è fatto annullare diversi atti compreso il bando per l’assunzione dei precari della protezione civile e a cui il Consiglio di Stato ha dovuto spiegare come si fanno le stabilizzazioni, ha avviato l’azione disciplinare. Alla Dirigente e’ stato così contestato di aver posto in essere una “condotta, negli ambienti di lavoro, non conforme ai principi di correttezza verso i componenti degli organi di vertice dell’Ente, gli altri dirigenti, i dipendenti o nei confronti degli utenti o terzi”. Dopo l’audizione della dirigente, che avrebbe osato dare le carte senza autorizzazione, le e’ stata irroga una sanzione disciplinare con pena anche pecuniaria di euro 200,00 (minimo edittale).

La Dirigente in questione, ritenendo ingiusta, illegittima, strumentale e ritorsiva la condotta della Regione Molise, del Presidente della Regione e della commissione (monocratica) di disciplina, asservita ai voleri del Presidente, ha impugnato la sanzione innanzi al Tribunale del lavoro di Campobasso con il patrocinio degli avvocati Vincenzo Iacovino e Vincenzo Fiorini.

Il Tribunale, in persona del Giudice del lavoro, dott.ssa Laura Scarlatelli, accogliendo il ricorso, ha annullato la sanzione disciplinare evidenziando che: la condotta della Dirigente è stata conforme a legge, ai propri doveri e compiti ed in linea ai diritti esercitabili dai consiglieri atteso che secondo l’art 19 comma 4 dello Statuto Regionale i consiglieri hanno diritto di ottenere sollecitamente dagli uffici della Regione (…) documenti, anche preparatori e interni ai procedimenti, notizie e informazioni utili all’espletamento del loro mandato, nei limiti consentiti dalla legge.

Il Tribunale ritiene, inoltre, che nei confronti del consigliere regionale non si possa invocare neppure il segreto professionale come emerge dalla stessa analisi contenuta nel parere della Avvocatura reso dalla Dirigente e oggetto della vicenda disciplinare (poi prodotto in giudizio dalla stessa Regione) e conformemente alla giurisprudenza amministrativa che sul punto evidenzia come: “il diritto di accesso del consigliere regionale non incontra il limite della riservatezza essendo tale diritto espressione delle loro prerogative di controllo democratico, e stante anche il vincolo del segreto d’ufficio che lo astringe”.

La Dirigente in questione, per aver rispettato la legge e avere come sempre fatto con diligenza e competenza il proprio dovere, è stata subito dopo illegittimamente spostata, dapprima alla Protezione Civile e poi presso la Centrale Unica di Committenza. Provvedimenti parimenti impugnati davanti al Tribunale del Lavoro e in attesa di definizione e di risarcimento.

Sta di fatto che ora la Regione, dopo l’amara è inevitabile sconfitta processuale che ripristina le legalità e i diritti, deve: revocare la sanzione; restituire i soldi indebitamente trattenuti a titolo di sanzione pecuniaria; consentire ai consiglieri regionali interessati l’accesso agli atti inerenti gli estratti conto delle carte di credito in uso al Presidente, agli Assessori, ai Dirigenti e ai dipendenti e potranno finalmente verificare se le spese di rappresentanza sono tali e giustificate!